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Della multiforme attività di Leonardo da Vinci, le cui testimonianze artistiche e documentali sono sparse tra Italia e Francia, meno noto è il suo contributo al mondo agricolo, in particolare tra Piemonte e Lombardia, dove diede avvio a quella che sarebbe diventata la grande risaia d’Europa, e il suo stretto legame con la viticoltura, in quel di Milano, alla Corte degli Sforza. Aspetti oggetto di questo lavoro.
in “Bollettino dell’Accademia degli Euteleti”, (91, 2024), pp. 297-328, 2024
Il Bollettino è edito con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato -anno 2024 L'Accademia degli Euteleti riceve il contributo della Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del Ministero della Cultura si ringrazia Crédit Agricole Italia per la consueta collaborazione e vicinanza Comitato scientifico del Bollettino
Da tempo mi sono interessata alle diverse modalità che il tratteggio parallelo e il tratteggio incrociato assumono nei disegni italiani a penna del Quattrocento con l'intento non solo di fornire una lettura stilistica basata sulla lenticolare osservazione dell'oggetto, ma anche di scandagliare la complessità delle visioni artistiche sottese a quei linguaggi segnici. I risultati delle ricerche sulle singole opere incoraggiarono quel tentativo e, dopo svariate indagini, fui in grado di concludere, in linea generale, che il tratteggio parallelo e il tratteggio incrociato a penna sono rispettivamente in relazione con un'arte simulativa e un'arte imitativa/emulativa della natura, che a loro volta esprimono due visioni dell'Antico legate a differenti contesti culturali e casi di collezionismo, nonché alle diverse sopravvivenze materiali nei luoghi in cui si formarono o trascorsero gran parte della loro attività gli esponenti dell'uno o dell'altro uso della penna. 1 Non vorrei perciò soffermarmi qui a
Sette itinerari alla scoperta di luoghi di Roma caratterizzati dalla presenza dell'acqua. ... Chiunque visiti Roma rimane colpito dai numerosi monumenti e dalle imponenti opere idrauliche che, connesse alla grande quantità di acqua presente nel territorio, caratterizzano da sempre il tessuto urbano e suburbano della città. La nascita e lo sviluppo di Roma, che nei secoli divenne la dominatrice incontrastata del Mediterraneo, è infatti legata alla sua felice posizione geografica, a diretto contatto con il fiume Tevere, nei pressi di località ricche di sorgenti naturali e in comunicazione con il vicino mare. Le popolazioni arcaiche che sin dalla prima età del ferro si insediarono nell’area, fondarono i loro villaggi sui colli presso la riva sinistra del Tevere all’altezza dell’Isola Tiberina. Questa, facilitando l’attraversamento del fiume, rendeva possibile il collegamento fra l’Etruria e la Campania. Proprio alle pendici del colle Palatino, in seguito allo straripamento del fiume, si incagliò la cesta con i
La cittadina di Vinci, immersa fra le dolci colline del Montalbano, è oggi meta di un forte flusso turistico, specialmente estero, che si reca a rendere omaggio all’illustre artista Leonardo che, si dice, qui abbia avuto i natali.
Territori, 2023
Il primo agglomerato urbano punico della città si è sviluppato non sulla foce deltizia dell’Oreto, come sarebbe stato naturale attenderselo dal punto di vista idrografico e orografico, ma allo sbocco di un vicino modesto corso d’acqua a regime torrentizio privo di un nome antico, cui si darà solo nel medioevo la denominazione di “Fiume d’inverno” o del “Maltempo”, poi Kemonia. La canalizzazione di una zona depressa e paludosa, che prendeva il nome dal papiro che vi cresceva spontaneo, ha consentito in seguito la creazione artificiale di un altro rivo, il Papireto, che drenava le acque sino al piccolo approdo dell’attuale Cala dando maggiore sicurezza e difendibilità all’entroterra, destinato cosi ad accogliere la Panormos dell’antichità. La città da allora, dopo i primi mille anni di “città murata”, si è sviluppata a macchia di leopardo e in tutte le direzioni tranne che verso la valle dell’Oreto, che ha raggiunto solamente nel XX secolo con i nuovi quartieri residenziali costruiti ...
1992
Utilità e diletto. L'acqua e le residenze regie dell'Italia meridionale fra XII e XIII secolo, p. 343-372.
La ricostruzione della storia novecentesca delle tenute romane di un importante e peculiare committente come il Principe Giovanni Torlonia (1873-1938) del ramo Borghese ha consentito di analizzare nel dettaglio le fasi delle trasformazioni otto-novecentesche dell’esteso territorio rurale di Roma, caratterizzato da una serie di rilevanti siti archeologici. Nel corso della prima metà del Novecento si assistette all’epocale passaggio da un’immagine di “Campagna”, contraddistinta da una serie di paesaggi arretrati ma pittoreschi, ad un’altra di “Agro” legato ad una nuova idea di spazio agricolo industrializzato. Ripercorrere la storia delle opere artistiche, architettoniche ed edilizie commissionate da Giovanni Torlonia in un arco temporale compreso tra gli ultimi anni dell’Ottocento e il primo Trentennio del Novecento ha significato delineare il profilo di una figura poliedrica di aristocratico cripto-architetto che, sull’illustre esempio del nonno materno Alessandro (1800-1886), ebbe il merito di coinvolgere nella riorganizzazione delle sue tenute una vasta gamma di figure professionali, rappresentate da architetti, ingegneri idraulici, costruttori e agronomi. Questo studio ha avuto il suo avvio dalla ricostruzione della consistenza delle proprietà Torlonia agli inizi del Novecento nel momento in cui queste furono ereditate dal Principe Giovanni: ne è emerso un insieme numerosissimo di tenute, comprese tra il Suburbio romano e il territorio bolognese, all’interno del quale spiccarono per l’importantissima presenza di siti archeologici e naturalistici le tenute romane-laziali dell’Appia Antica, della Caffarella, di Roma Vecchia, di Ceri, di Castel Gandolfo e di Porto a Fiumicino. Proprio quest’ultimo contesto, contraddistinto dalla bonifica novecentesca del “Lago” di Traiano, in epoca romana porto di Roma imperiale, ha costituito il paradigmatico esempio dell’attuazione di un “programma” innovativo, basato sul principio della “riconversione” industriale di un paesaggio rurale, fino a poco tempo prima inospitale e malarico, in nuovo spazio per il lavoro e il confortevole abitare colonico. La ricostruzione storica delle trasformazioni della tenuta di Porto è stata l’occasione per analizzare un esteso campionario di progetti edilizi, predisposti dall’architetto Lorenzo Corrado Cesanelli e dagli ingegneri dell’Amministrazione Torlonia. Il risultato ottenuto dal Principe Torlonia consistette nella fondazione di un nuovo ed efficiente insediamento agricolo, sviluppato lungo la via Portuense, all’interno del quale la Villa di Porto, affacciata sul “Lago” di Traiano, e la moderna Casetta dell’Isolotto, situata nel Litorale di Fiumicino, costituivano per il Principe le sue residenze predilette. Nella tenuta di Porto l’immagine degli antichi ruderi delle strutture portuali, non più abbinati ad un romantico ed ostile paesaggio lacustre, grazie al loro rinnovato valore di “memoria”, divennero per la stessa ideologia fascista “incoraggiamento” per l’auspicata riattivazione di una nuova infrastruttura portuale sul Litorale romano. Lo studio delinea le più recenti vicende di questo territorio, pesantemente trasformato nella seconda metà del Novecento dal nuovo Aeroporto Intercontinentale Leonardo da Vinci. All’interno dell’odierno paesaggio conurbato di Fiumicino il “Lago” di Traiano con l'adiacente "Oasi di Porto" rappresenta un “brano” superstite di quello che un tempo era l’esteso e pittoresco Agro Portuense, esaltato da Goffredo Filibeck e Giuseppe Lugli nel loro studio pubblicato nel 1935.
Archaeology of Europe’s mountain areas: methods, problems and case studies a cura di Umberto Moscatelli e Anna Maria Stagno, 2015
This paper examines the spread of water mills in Italy during the Middle Ages, trying to define its historical development and the technology and the architecture. The hydraulic factories have conditioned for centuries the life of the settlements, as a tools in order to transform the hydraulic energy into mechanical energy. The presence of water in the Middle Ages was imposed by a variety of uses, including essential use in production processes and in the production of hydraulic energy for the operation of mills and crushers, that know a significant development in medieval Europe. Great importance was given to the ownership of the mills that ensured a considerable income from the payment of the right of ground which were applied to the locals. The right of ground along the river Sinni (southern Basilicata) and the right to exploit the waters of its tributaries (Frido, Rubbio) gave rise to long disputes between the seats allocated monastic therein and the lords of the nearby towns. The contribution, topographically investigating the slopes of Mount Caramola, northern foothills of the Pollino massif, followed by the specific analysis of hydraulic factories of these places. Proposes, in short, the reconstruction of the scene settlement and to understand the dynamics of lands exploitation of resources in an indoor area already so severely depressed, dominated by woods and the uncultivated. Holders of this economic power, during the buckets. XII-XVI AD, were the Cistercian monastery of Santa Maria of Sagittarius and the Certosa di San Nicola Valley, foundations willed by the families the Clermont and the Sanseverino in Count of Chiaromonte. Il contributo esamina la diffusione dei mulini ad acqua nella Basilicata medievale, cercando di delinearne lo sviluppo storico e la realtà materiale e tecnologica. Gli opifici idraulici hanno condizionato per secoli la vita degli insediamenti, in qualità di strumenti atti a trasformare l’energia idraulica in energia meccanica. La presenza dell’acqua nel medioevo era imposta da una molteplicità di usi, tra questi fondamentale l’impiego nei processi produttivi e nella produzione di energia idraulica per il funzionamento di mulini e frantoi, che conosceranno un notevole sviluppo nell’Europa di quell’epoca. Grande rilevanza venne conferita alla proprietà dei mulini che assicuravano una rendita notevole proveniente dal pagamento del diritto di macinato cui erano soggetti gli abitanti del luogo. Tale diritto lungo il fiume Sinni (Basilicata meridionale) e il diritto di sfruttare la acque dei suoi affluenti (Frido, Rubbio) dettero origine a lunghe controversie tra le sedi monastiche ivi stanziate e i signori dei vicini centri abitati. Il contributo, indagando topograficamente le pendici del monte Caramola, propaggine settentrionale del massiccio del Pollino, fa seguito all’analisi specifica degli opifici idraulici di questi luoghi. Propone, in definitiva, la ricostruzione del panorama insediativo e la comprensione delle dinamiche di sfruttamento delle risorse territoriali in un’area interna già così fortemente depressa, dominata dal bosco e dall’incolto. Detentori di questo potere economico, durante i secc. XII-XVI d.C., furono il monastero cistercense di Santa Maria del Sagittario e la certosa di San Nicola in Valle, fondazioni volute dalle famiglie comitali dei Clermont e dei Sanseverino nei territori della Contea di Chiaromonte.
Controllare il territorio. Norme, corpi e conflitti tra medioevo e prima guerra mondiale, , a cura di L. Antonielli e S. Levati, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2013, 2013
La presente ricerca cerca di studiare, con il ricorso ad alcuni esempi concreti, le forme che assunse il controllo del territorio nello spazio regionale toscano in aree dove la presenza delle acque interne era significativa, in situazioni dove il paesaggio delle acque assumeva un rilievo importante sia per l’organizzazione del territorio, sia per gli assetti economici che l’ambiente umido determinava ponendo, di conseguenza, importanti problemi di controllo e di gestione. La scelta operata in via preliminare è stata quella di analizzare separatemente due realtà fra loro diverse ma che potessero avere una certa loro “tipicità”. In primo luogo una situazione “fluviale” come la foce del fiume Ombrone nella Toscana meridionale o, per meglio precisare, nella Maremma di Grosseto. In secondo luogo situazioni invece influenzate dalla presenza di paludi interne, cioè legate alla presenza di vasti spazi umidi, riferendomi in particolare ai bacini di Bientina e di Fucecchio collocati in prossimità del basso corso del fiume Arno che ha costituito, come noto, una delle più importanti arterie di comunicazione (e di sviluppo) per la Toscana in età moderna. Intanto possiamo affermare, come premessa di fondo, che anche nella Toscana e nelle aree umide che abbiamo richiamato in precedenza i poteri di “polizia”, almeno fino al XIX secolo, continuarono ad essere caratterizzati da una profonda confusione dovuta sia alla presenza di giurisdizioni diverse (tutte con alle dipendenze forze di tipo “esecutivo”), sia dalla commistione e sovrapposizione difficilmente separabile tra funzioni e competenze. Si tratta di elementi di lungo periodo che caratterizzarono “le polizie” di Ancien Règime il cui processo di superamento – collocabile fra fine ‘700 e ‘800 – fu originato dal bisogno di efficienza, di razionalizzazione e di sicurezza che portò progressivamente in Italia, come nel resto di Europa, a separare, distinguere e specializzare i corpi di polizia. Il controllo del territorio, vi fosse o meno la presenza delle acque, mantenne per secoli fisionomie spesso diverse e molteplici, difficilmente distinguibili e separabili se volessimo schematizzare in due grandi categorie di “prevenzione” e di “esecuzione” per quanto concerne le competenze relative alle trasgressioni riguardanti la fruizione e lo scambio delle risorse. Il testo ripercorre questi temi e cerca di evidenziare, sulla base di approfondite ricerche d’archivio, la complessità di questo controllo in Maremma e nelle aree interne della Toscana, un esercizio del potere reso difficoltoso non solo dai molteplici interessi in gioco ma anche da altri fattori legati alle variabili climatiche e stagionali, alle caratteristiche dell’ambiente, alle articolazioni e alle strutture delle società e delle economie locali
Territori, 2023
Una peculiarità degli ambienti di acqua dolce è quella di essere caratterizzati dalla presenza di organismi di dimensioni microscopiche, ma l’infi nitamente piccolo è sempre stato un elemento negletto dell’ecosistema, poco studiato e quindi spesso sottostimato. Tra gli organismi che popolano gli ambienti acquatici, oltre alle alghe che rappresentano il primo livello della rete trofi ca, un ruolo importante è rivestito dai macroinvertebrati, che hanno popolamenti caratteristici a seconda degli ambienti in cui vivono. In particolare, i corsi d’acqua sono rappresentati principalmente da Insetti ed i laghi da Insetti e vermi oligocheti. In tali ambienti, questi gruppi ecologici rappresentano spesso un elemento importante come diversità di specie, come numero di organismi, ma rivestono anche un ruolo fondamentale nelle reti trofi che dei sistemi in cui vivono dove svolgono anche una funzione di bioindicatori in grado di integrare informazioni di diversa provenienza. Se poi si parla di am...
Acqua, 2022
Catalogo della mostra delle opere di Umberto Lilloni all'Acquario Civico di Milano che indaga sulla predilezione dell'artista nel rappresentare questo elemento naturale nei suoi vari aspetti.
Ricerche Storiche, 2007
VIII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale. (Matera, 12-15 settembre 2018) , 2018
Un tratto caratteristico della Pianura Padana è rappresentato dalle valli-paludi, depressioni del paesaggio spesso soggette a impaludamento e inondazione dall’epoca post-romana fino alle definitive bonifiche di XIX e XX secolo. Le interazioni tra uomo e ambiente hanno fortemente condizionato l’assetto del territorio della Pianura Padana per tutto il Medioevo. Dal V sec. d.C., i cambiamenti climatici unitamente a un calo del controllo antropico sulla regimazione dell’idrografia padana, hanno profondamente alterato il paesaggio con conseguenze sulle pratiche agricole e selvicolturali e sulle pratiche tecnologiche e insediamentali delle popolazioni. L’area di studio oggetto di questo elaborato è compresa tra le città di Parma e Reggio Emilia e corrisponde alla zona nota come Bassa Pianura Reggiana. In questa porzione della Pianura Padana sono note due valli-palude chiamate rispettivamente Valle di Gualtieri e Valle di Novellara. Lo studio geomorfologico dell’area in esame, attraverso tecniche di remote sensing e analisi spaziale, unitamente a studi archeologici e documentari, ha permesso di comprendere più dettagliatamente le mutue interazioni fra uomo e ambiente durante il Medioevo. In particolare, la costruzione di un modello digitale di terreno (DTM, Digital Terrain Model) ha consentito di riconoscere e interpretare le forme geomorfologiche dell’area di studio tra cui: i limiti delle aree impaludate, i dossi fluviali, argini e canali precedenti le bonifiche rinascimentali. Nell’area compresa tra Guastalla e Reggiolo si è rivelata di particolare interesse l’analisi del Cavo Tagliata, canale aperto nel 1218 per motivi commerciali ma erroneamente considerato nella bibliografia geomorfologica e archeologica come un alveo pre-romano del fiume Po. I dati storici e archeologici hanno confermato la genesi medievale di questo canale mentre il DTM ha rivelato la presenza di forme molto particolari che si diramano dal dosso del Cavo Tagliata verso le depressioni delle paludi medievali. La loro forma longitudinale e allungata non è compatibile con ventagli di rotta naturali, tipica conseguenza di esondazioni e rotte di argini di corsi d’acqua o canali. Tali forme allungate, da noi definite “dossi per colmata”, costituirebbero il risultato di pratiche di bonifica per colmata attuate dalle comunità locali per ottenere nuovi terreni coltivabili a scapito degli acquitrini delle paludi. Una conferma a questa interpretazione geomorfologica viene dalla ricerca archivistica: Ireneo Affò nella sua cronaca settecentesca, “Istoria di Guastalla”, racconta che nel Medioevo era pratica comune per gli abitanti di Guastalla rompere gli argini dei corsi d’acqua quando questi “menavano acque torbide”. Tale pratica, che aveva lo scopo di scaricare sedimenti nella palude per colmarla e ottenere così nuovi appezzamenti di terreno coltivabili, venne vietata pochi anni prima dell’inizio dei lavori della bonifica Bentivoglio, primo atto delle bonifiche rinascimentali e moderne che portarono a un progressivo prosciugamento delle paludi. I dossi per colmata identificati grazie al modello di terreno digitali sono il risultato di pratiche di bonifica “laiche”, realizzate in un contesto ben diverso dalle coeve bonifiche monastiche di cenobi limitrofi alla area di ricerca (es. San Benedetto Po e Nonantola). Inoltre, stando alle fonti archivistiche, queste pratiche non sembra fossero promosse da una autorità centrale, bensì da singoli individui o gruppi di proprietari terrieri interessati ad ampliare i propri possedimenti agricoli. La situazione cambiò radicalmente nel XVI secolo con il divietò di applicare pratiche di bonifica per colmata a favore di un progetto su larga scala di bonifica per scolo delle acque, iniziato con la costruzione del Cavo Parmigiana e della Botte Bentivoglio.
Accademia Nazionale Virgiliana, Atti e Memorie, vol 88 , 2021
vi erano quelle di «tentare nuove scoperte nei tre regni della storia naturale» e lavorare per i «comodi della nazione». 1 È indubbio che tra i comodi, ossia le utilità per i cittadini mantovani, vi fosse allora, come adesso, la possibilità di accedere all'acqua potabile. Nel territorio mantovano l'accesso alle acque potabili fu reso possibile, fino alla fine del XIX secolo, tramite le seguenti tipologie di risorse:-nella zona delle colline moreniche furono utilizzate piccole sorgenti;-nella zona pedecollinare furono utilizzati i fontanili;-nel medio e basso mantovano, quindi anche a Mantova, furono escavati manualmente pozzi a varia profondità, in relazione alla presenza di una falda freatica o comunque superficiale. L'Accademia mantovana seppe dare un suo prezioso contributo a soddisfare le esigenze idropotabili della città. Gli Accademici che s'interessarono alle problematiche dell'acqua potabile a Mantova furono:
Aqua. L'approvvigionamento idrico e l'impatto nelle città romane del Lazio meridionale, a cura di M. Valenti, 2019
Aqua L'approvvigionamento idrico e l'impatto nelle città romane del Lazio meridionale a cura di Massimiliano Valenti Atti del Convegno di Studi Gallicano nel Lazio (Rm) -Castello di Passerano 22 Novembre 2013 Atti a cura di: Massimiliano Valenti Cura redazionale: Massimiliano Valenti Progetto grafico e impaginazione: Franco Mascioli
Paesaggio culturale, sostenibilità e spazio euro-mediterraneo, 2010
This contribution aims at describing how – once the evident connection among water, culture and landscape has been enlightened – the fresh water availability, use and realizations can contribute decisively in shaping the cultural landscapes of the countries in the Mediterranean basin. The analysis has been conducted on the basis of some phenomena, which strongly interact with both the hydrological cycle and the several use modalities of water and, as a matter of fact, influence the configuration of the Mediterranean landscapes. In real terms, this paper regards: a factor that affect water availability such as climate change; the demographic-migratory as- pect which influences, because of the increase of population, water consumption – this latter is, in addition, strongly linked to the migratory movements (that, incidentally, arise from further causes); and one more element, the urbanization process that, besides being an important factor of landscapes transformation in the Mediterranean costs, it depends on water resources, representing the biggest pressure on the hydrological system due to its nu- merous use which the economic development requires. In other words, the scope of this paper is to give a global vision of the consequences resulting from the interaction of these factors, analyzing the leading role played by water in modifying the Mediterranean cultural landscapes. A reference is provided to the geopolitical conflicts arisen from the competi- tion for water control, the so called «hydro-geopolitics». The final part of the paper is, hence, focused on some policy suggestions concerning the sustainability of the use of a re- source, the water, that is not only a central element in the physical and perceptive con- struction of the cultural landscape, but has become, and it will be more and more, crucial not only for the population of the Euro-Mediterranean area, but for the entire mankind.
“I Georgofili. Atti della Accademia dei Georgofili”, Anno 2020, Serie VIII, Vol. 17, 2020
S. Fagioli, Introduzione al volume: L’ingegner Celso Capacci e l’acqua potabile a Firenze tra Ottocento e Novecento, in “I Georgofili. Atti della Accademia dei Georgofili”, Anno 2020, Serie VIII, Vol. 17, pp. 374-377.
Il primo agglomerato urbano punico della città si è sviluppato non sulla foce deltizia dell’Oreto, come sarebbe stato naturale attenderselo dal punto di vista idrografico e orografico, ma allo sbocco di un vicino modesto corso d’acqua a regime torrentizio privo di un nome antico, cui si darà solo nel medioevo la denominazione di “Fiume d’inverno” o del “Maltempo”, poi Kemonia. La canalizzazione di una zona depressa e paludosa, che prendeva il nome dal papiro che vi cresceva spontaneo, ha consentito in seguito la creazione artificiale di un altro rivo, il Papireto, che drenava le acque sino al piccolo approdo dell’attuale Cala dando maggiore sicurezza e difendibilità all’entroterra, destinato cosi ad accogliere la Panormos dell’antichità. La città da allora, dopo i primi mille anni di “città murata”, si è sviluppata a macchia di leopardo e in tutte le direzioni tranne che verso la valle dell’Oreto, che ha raggiunto solamente nel XX secolo con i nuovi quartieri residenziali costruiti dopo la seconda guerra mondiale. Dimenticata anche dagli urbanisti dell’Ottocento che predilessero l’espansione Nord, verso la piana dei Colli e Mondello, oggi la valle dell’Oreto attende il “consulto” innovativo dei nuovi urbanisti impegnati nell’aggiornamento del Piano Regolatore della città.
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